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Ora la Cina partecipa al gioco di squadra

di Luca Vinciguerra

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12 ottobre 2008

La Cina è pronta a collaborare nella battaglia ingaggiata dal mondo contro la crisi finanziaria. È questo il messaggio che, ormai con cadenza quotidiana, arriva da una Pechino attonita di fronte allo sgretolamento delle Borse internazionali.
In queste ore il Paese finge indifferenza, ma in realtà è sotto shock. Nessuno, tra i membri della nomenklatura che hanno deciso di concedere ampio affidamento finanziario a Washington, si attendeva un simile tracollo di Wall Street e di tutta la finanza americana.
Secondo fonti di stampa cinesi, a oggi Pechino avrebbe investito sulla sponda opposta del Pacifico circa due terzi delle sue riserve valutarie, che ammontano complessivamente a poco più di 1.800 miliardi di dollari.

Circa 520 miliardi di dollari (questo è un dato ufficiale) sono stati immobilizzati in titoli di Stato Usa. Una cifra grosso modo uguale, invece, sarebbe stata destinata a operazioni più rischiose, ma a più alto rendimento. Tra queste, nel portafoglio del Dragone figurano partecipazioni rilevanti in Freddie Mac e Fannie Mae, le due società americane di garanzia dei mutui collassate il mese scorso.
La Cina è attonita di fronte al collasso di Wall Street perché vanta un'esposizione da capogiro nei confronti dell'economia americana, pubblica e privata, sulla quale ha perso all'improvviso qualsiasi controllo. Non è un caso che venerdì sera, al termine della riunione dei ministri finanziari del G-7, il segretario al Tesoro americano, Henry Paulson, abbia sottolineato che Washington «è in stretta comunicazione con Cina e Giappone» per monitorare la situazione dei Treasury Bond.

Fino a qualche mese fa Pechino poteva utilizzare la sua posizione di grande creditore degli Stati Uniti (è seconda alle spalle di Tokyo, si veda il grafico) come strumento di pressione nei confronti della Casa Bianca. E non ha mancato di farlo. Non è certo una coincidenza se, negli ultimi due anni, proprio quando i rapporti tra le due superpotenze finivano sotto tensione, sui mercati iniziassero puntualmente a circolare "voci" di un possibile alleggerimento delle posizioni in dollari detenute dalla Cina.
Ma ora all'improvviso la musica è cambiata. Pechino non è più in condizione di usare l'arma del ricatto finanziario contro Washington, perché la minaccia non si tradurrebbe più in una semplice oscillazione dei valori del dollaro, bensì in qualcosa di assai più terrificante: il default degli Stati Uniti. E questo è uno scenario che non si augura nessuno.

La Cina può solo restare alla finestra, attendere lo sviluppo degli eventi, e incrociare le dita. Azzerato (almeno per ora) il suo potere di ricatto finanziario nei confronti degli Usa, Pechino può però continuare a contare sul suo potere politico. Che, in questa fase di debolezza generale dei Paesi industrializzati, è enorme.
Come usarlo? Essendo l'ultima arrivata nel club delle nazioni più potenti, e non avendo mai sperimentato una crisi finanziaria, la Cina non è nella posizione di dirigere l'operazione di salvataggio del capitalismo occidentale. Ma può svolgere una preziosa opera di supporto. L'adesione di tre giorni fa della People's Bank of China alla manovra congiunta delle banche centrali per ridurre i tassi d'interesse dimostra che, in questa fase, Pechino è disposta a fornire piena collaborazione alle altre capitali per scongiurare il rischio di una recessione di cui sarebbe una delle prime a pagare le conseguenze.

Insomma, Pechino è pronta a fare la sua parte. E per ora non sembra avere niente da chiedere in cambio. Ma domani, quando l'America avrà scacciato l'incubo dell'insolvenza, l'atteggiamento del Dragone potrebbe mutare. «Gli Stati Uniti si sono indebitati fino al collo e ora vogliono fare pagare il conto dei loro errori a tutto il mondo», aveva tuonato irritata la Cina parecchi mesi fa, quando la crisi dei mutui era solo all'inizio.
La previsione si è avverata. Pechino non se ne dimenticherà quando, passata la tempesta finanziaria e riacquisito il pieno controllo dei propri crediti verso gli Usa, giungerà il momento di disegnare il futuro assetto economico, finanziario e politico del pianeta.

lucavin@attglobal.net

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